Per quanto il cronista possa sforzarsi di apparire super partes, egli compie, fin dal momento in cui decide di scrivere o meno su un determinato fatto, un'operazione di interpretazione della realtà da un dato punto di vista politico.
Riguardo il 19 ottobre i grandi gruppi editoriali hanno tenuto in linea di massima la stessa condotta: prima far passare sotto silenzio il corteo, dando invece molto risonanza a quello del 12 ottobre di Rodotà, Landini e Zagrebelsky; in seguito criminalizzare il corteo nei giorni precedenti; ed infine dare ampia risonanza ai pochi momenti di tensione e lasciare da parte la voce del corteo e le sue parole d'ordine e soprattutto creare la dicotomia buoni-cattivi.
Andiamo con ordine.
PRIMA FASE: i giornali, con la Repubblica in testa, non parlano di quella che è destinata ad essere la più grande manifestazione antagonista in Italia dopo il 15 ottobre 2011. Agli editori non interessa dare voce a chi non è e non vuole essere rappresentato e molti redattori con ogni probabilità ricevono pressioni, o talvolta amichevoli richieste, da polizia e ministero dell'interno per soffocare mediaticamente la mobilitazione del 19 ottobre. Neanche il Manifesto, quotidiano comunista (sic), si differenzia dai suoi concorrenti.
SECONDA FASE: La settimana di mobilitazione tra il 12 e il 19 è assai fitta di azioni varie tra occupazioni a scopo abitativo e non, sanzionamenti di sedi di Trenitalia e spese sociali nei supermercati. I giornali non possono non parlare di questi fatti, almeno nelle cronache cittadine, e così sono costretti ad affrontare anche il tema del 19 ottobre. Inizia la fase della criminalizzazione. Il corteo per i giornali è un corteo di No Tav che, grazie a campagne stampa di diffamazione ben organizzate, hanno sostitutito il black bloc nell'immaginario collettivo dell'italiano medio. La realtà è ben diversa, perché i No Tav la loro lotta la conducono in Val di Susa, e sono scesi a Roma rispondendo a un invito dei Movimenti per la casa, organizzatori del corteo del 19. Il corteo è invece variamente popolato: ci sono i sindacati di base, i migranti, gli occupanti dei vari Movimenti per la casa, tutte le anime del movimento romano, vari partiti comunisti, No Tav, No Muos più tanti precari, disoccupati e studenti che hanno deciso autonomamente di aderire. Il 18 poi si scatena l'ufficio stampa della questura di Roma e sembra che la città sia piena di furgoni ricolmi di mazze, bombe carta e chissà quali altre terribili e minacciose armi. A leggere i giornali la città è invasa da black bloc fuori controllo, il 19 si scoprirà che non è così.
PRIMA FASE: i giornali, con la Repubblica in testa, non parlano di quella che è destinata ad essere la più grande manifestazione antagonista in Italia dopo il 15 ottobre 2011. Agli editori non interessa dare voce a chi non è e non vuole essere rappresentato e molti redattori con ogni probabilità ricevono pressioni, o talvolta amichevoli richieste, da polizia e ministero dell'interno per soffocare mediaticamente la mobilitazione del 19 ottobre. Neanche il Manifesto, quotidiano comunista (sic), si differenzia dai suoi concorrenti.
SECONDA FASE: La settimana di mobilitazione tra il 12 e il 19 è assai fitta di azioni varie tra occupazioni a scopo abitativo e non, sanzionamenti di sedi di Trenitalia e spese sociali nei supermercati. I giornali non possono non parlare di questi fatti, almeno nelle cronache cittadine, e così sono costretti ad affrontare anche il tema del 19 ottobre. Inizia la fase della criminalizzazione. Il corteo per i giornali è un corteo di No Tav che, grazie a campagne stampa di diffamazione ben organizzate, hanno sostitutito il black bloc nell'immaginario collettivo dell'italiano medio. La realtà è ben diversa, perché i No Tav la loro lotta la conducono in Val di Susa, e sono scesi a Roma rispondendo a un invito dei Movimenti per la casa, organizzatori del corteo del 19. Il corteo è invece variamente popolato: ci sono i sindacati di base, i migranti, gli occupanti dei vari Movimenti per la casa, tutte le anime del movimento romano, vari partiti comunisti, No Tav, No Muos più tanti precari, disoccupati e studenti che hanno deciso autonomamente di aderire. Il 18 poi si scatena l'ufficio stampa della questura di Roma e sembra che la città sia piena di furgoni ricolmi di mazze, bombe carta e chissà quali altre terribili e minacciose armi. A leggere i giornali la città è invasa da black bloc fuori controllo, il 19 si scoprirà che non è così.
TERZA FASE: Quest'articolo di Repubblica è perfetto per esemplificare il comportamento delle grandi testate durante e subito dopo la manifestazione. Gli autori cercano di distinguere tra buoni e cattivi, addirittura sostengono che "manifestanti buoni" abbiano creato un cordone per difendere la polizia a Porta Pia, ma in realtà i cordoni servono proprio ad impedire che le cariche della polizia disperdano l'assedio al ministero delle infrastrutture. Nei fatti gli scontri sono stati frutto di azioni coordinate e sono durati poco più di dieci minuti e nessuno nel corteo ha preso le distanze da quanto successo di fronte al ministero dell'economia. Quando la situazione si calma il corteo si ricompatta e arriva di fronte al ministero delle infrastrutture. Dentro quel corteo ci sono anche coloro che hanno attaccato il palazzo di via XX settembrre: come si fa allora a distinguere tra buoni e cattivi? Semplicemente non si può perché il movimento è compatto.
La questione non è se sia giusto o meno attaccare i palazzi del potere e coloro che li difendono, ma piuttosto come mai per i giornali italiani è giusto se succede in Turchia, mentre se accade qua è terrorismo? Non c'è stata la guerriglia urbana annunciata dalle grandi testate, ma ci sono state azioni mirate contro i simboli della dittatura dell'austerità. Non c'è stata violenza cieca da parte di cani sciolti, ma c'è stato un corteo che è partito da P.za S.Giovanni ed è arrivato a Porta Pia compatto e senza perdere pezzi lungo la strada.
La rabbia sociale non può essere connotata eticamente, non è buona o cattiva; semplicemente può essere bene o male indirizzata. Stavolta è stata indirizzata bene, perché più di 70 000 persone sono partite e tornate insieme, in un corteo variegato e combattivo che ha dimostrato al governo che i Senza voce non sono alla ricerca di rappresentanza, ma si stanno autorganizzando per riprendersi quello che gli spetta.
Per altre analisi sul rapporto tra media e il corteo del 19 ottobre:
contropiano.org
infoaut.org
(le foto del corteo, tratte da contropiano.org, sono di Patrizia Cortellessa)
(D.P.)
La questione non è se sia giusto o meno attaccare i palazzi del potere e coloro che li difendono, ma piuttosto come mai per i giornali italiani è giusto se succede in Turchia, mentre se accade qua è terrorismo? Non c'è stata la guerriglia urbana annunciata dalle grandi testate, ma ci sono state azioni mirate contro i simboli della dittatura dell'austerità. Non c'è stata violenza cieca da parte di cani sciolti, ma c'è stato un corteo che è partito da P.za S.Giovanni ed è arrivato a Porta Pia compatto e senza perdere pezzi lungo la strada.
La rabbia sociale non può essere connotata eticamente, non è buona o cattiva; semplicemente può essere bene o male indirizzata. Stavolta è stata indirizzata bene, perché più di 70 000 persone sono partite e tornate insieme, in un corteo variegato e combattivo che ha dimostrato al governo che i Senza voce non sono alla ricerca di rappresentanza, ma si stanno autorganizzando per riprendersi quello che gli spetta.
Per altre analisi sul rapporto tra media e il corteo del 19 ottobre:
contropiano.org
infoaut.org
(le foto del corteo, tratte da contropiano.org, sono di Patrizia Cortellessa)
(D.P.)
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