mercoledì 11 dicembre 2013

I FORCONI: UNA RAPIDA ANALISI

I FORCONI: UNA RAPIDA ANALISILe proteste e i blocchi stradali riconducibili all'appello lanciato dal cosiddetto movimento dei forconi occupano le prime pagine dei quotidiani, i primi minuti dei telegiornali e le pagine web dei social network. Il dibattito è forte a sinistra su come bisogna porsi nei confronti di questa realtà molto eterogenea. Dalle pagine della Furia Rossa proviamo a dare un contributo a questo dibattito, alla fine dell'articolo posteremo i contributi di alcuni siti di controinformazione.

Cerchiamo di andare con ordine, partiamo intanto dalla composizione di queste proteste.


Una realtà eterogenea

I media raccolgono tutte le proteste che si stanno svolgendo in Italia negli ultimi giorni sotto il nome di movimento dei Forconi. I Forconi nascono in Sicilia nel dicembre 2011; è chiaro nel nome il riferimento ad un'iconografia della rabbia popolare come esplosione spontanea, quella delle rivolte antifeudali con cui i contadini cacciavano i baroni per intenderci. In realtà quello del 2011 fu poco più che un fuoco di paglia; non che non siano stati disagi reali, ma la protesta attecchì molto di più su Facebook che nella realtà. Il movimento fu da subito segnalato per le infiltrazioni fasciste, e si risolse poi in una bolla di sapone. 

Due anni dopo, dicembre 2013 appunto, ritornano nel dibattito pubblico, ma possiamo dire che si tratti di una semplificazione.Le realtà scese in piazza negli ultimi giorni sono variegate ed eterogenee, accomunate in linea di massima dall'appartenenza ad un ceto medio impoverito dalla crisi (in via di proleterizzazione per usare una terminologia più ortodossa), ma politicamente attraversate da soggetti con le storie politiche più diverse: fascisti, leghisti, piccoli imprenditori che non hanno mai fatto politica, popolo delle partite Iva, autotrasportatori, soggetti vicini al M5S, ex indignados/popolo viola etc.

Quella di racchiudere tutti sotto il nome di Forconi, dunque, è una semplificazione mediatica, cosa che ha fatto sicuramente piacere a coloro che hanno disegni politici ben precisi (e di destra) per questi movimenti; in primo luogo perché il nome è evocativo e di indubbio successo mediatico ed in secondo luogo perché dà l'impressione di un'unità che in realtà non c'è.

Le rivendicazioni sono le più varie, ma riguardano soprattutto il livello della tassazione del lavoro autonomo e della piccola impresa. Non è un caso che nelle bacheche Facebook dei sardi i profili che si occupano di Zona Franca stiano ora pubblicizzando le iniziative che si inseriscono in questo panorama di mobilitazione. 

Rivoluzione o controrivoluzione?

I FORCONI: UNA RAPIDA ANALISINei proclami e negli appelli si presentano come rivoluzionari. Forza Nuova parla nei suoi documenti di Rivolta dell'Immacolata, quasi a voler richiamare immagini della guerra vandeana contro la Francia repubblicana a fine '700. Eppure possiamo dire che ci siano caratteri di rivoluzione nelle proteste che in questi giorni attraversano l'Italia? Sembra piuttosto di rivedere le rivolte dei contadini francesi prima della Rivoluzione. Le campagne si mobilitavano, assaltavano i castelli dei nobili e i palazzi dei magistrati, ma non lo facevano con intenti rivoluzionari; anzi, si ribellavano nel nome del Re, che ritenevano essere stato raggirato dai disonesti funzionari. Si trattava dunque di rivolte, spontanee e molto spesso violente, ma pur sempre con lo scopo di restaurare il fantomatico buon governo del Re.



In alcuni documenti degli organizzatori delle proteste si leggono appelli alle forze armate per la cacciata dei disonesti politici. Addirittura Beppe Grillo dalle pagine del suo blog pronuncia quello che non è niente di meno che un invito al colpo di stato, nel momento in cui chiede alla polizia e ai carabinieri di passare dalla parte dei manifestanti e rovesciare la casta. Qualcuno ha poi proposto di consegnare il Paese al governo del generale dell'Arma dei Carabinieri fino a quando non sarà risolto il problema della corruzione. 

Il fatto è che la composizione sociale di queste lotte non comprende, in linea di massima, soggetti con istinti rivoluzionari. Si tratta di categorie lavorative che hanno sempre votato a destra e non si sono mai confrontati con la costruzione teorica di una società diversa. Più che a questo, mirano a ricostruire un'Italia e un'età dell'oro che probabilmente non sono mai esistite se non nelle narrazioni tossiche delle destre. Hanno posizioni fortemente conservatrici, le critiche all'Unione Europea e al governo non vanno al di là della semplice protesta e non nascondono dietro di sé alcuna alternativa al modello dell'austerità e del neoliberismo.

La bolla mediatica

I mezzi di comunicazione mainstream hanno gonfiato a dismisura le proteste dei cosiddetti Forconi. Non che non ci siano state piazze gremite, come a Torino, o blocchi autostradali che hanno creato effettivi disagi, sempre nel Nord Italia. Il fatto è che, a parte questi casi, non c'è mai stato il clima di rivoluzione raccontato dai media. Ogni giorno in tantissime città italiane ci sono presidi contro gli sfratti eppure nessuno ne parla. Perché? Credo che la risposta sia in quanto scritto nel paragrafo precedente. Questa mobilitazione di rivoluzionario ha ben poco, se non nulla, mentre la lotta per la casa è in questo momento una delle poche pratiche destabilizzanti e di conflitto che ci sono nella penisola. Per quei mezzi di formazione che sono schierati a protezione del potere è dunque importante aumentare l'attenzione su un movimento che non mette assolutamente a rischio quel potere e addirittura, vista la sua composizione, prospetta di consolidarlo in una stretta reazionaria e conservatrice.

Evitiamo di buttare il bambino con l'acqua sporca

Detto questo, bisogna però stare attenti a non assumere posizioni "spocchiose". Da queste proteste emerge il dato di una tensione sociale che non riguarda più solo i soggetti classici della mobilitazione politica (studenti e lavoratori dipendenti per intenderci). C'è una realtà variegata e tutto era stato previsto cento cinquant'anni fa dal buon vecchio Carlo Marx, quando parlava di proletarizzazione del ceto medio. Il fatto è che, quando nei periodi di crisi del capitalismo il ceto medio si impoverisce, questo diventa più vulnerabile alle tentazioni delle destre fasciste. La Sinistra non può assumere atteggiamenti di puzza sotto il naso. E' compito nostro sporcarci le mani, cercando di costruire un'egemonia che aggreghi alle mobilitazioni dei soggetti con una propensione più rivoluzionaria, anche quei frammenti del ceto medio che si impoveriscono e che si precarizzano. Si tratta di un lavoro complesso e lungo, ma va fatto se abbiamo davvero la prospettiva di cambiare questa società.

Di seguito alcuni link ad articoli che affrontano la questione in maniera molto diversa tra loro.


D.P.

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