sabato 11 gennaio 2014

FRANCESCO PIGLIARU: LA FACILE ILLUSIONE DEL GOVERNO DEI FILOSOFI

FRANCESCO PIGLIARU: LA FACILE ILLUSIONE DEL GOVERNO DEI FILOSOFII tecnici al governo sono l'effetto di una facile illusione della politica, ossia che un suo passo indietro possa sistemare la situazione che essa non è più in grado di gestire. L'Italia e la Grecia lo sanno bene: ciascuna ha subito un governo tecnico, non particolarmente democratico ma comunque nei limiti costituzionali, e quello che questi tecnici hanno lasciato è solo austerità, miseria e precarietà. Le tasse aumentano, il debito pubblico diminuisce con flemma messicana e sembra che i cittadini dovrebbero accontentarsi semplicemente della diminuzione dello spread. 
Noi sappiamo bene perché: le ricette dell'austerità partono da presupposti economici sbagliati e non ha molto senso cercare di salvare un sistema che sembra essere giunto alla sua crisi definitiva. Servirebbe inventare un altro modello di economia, ma non possiamo pretendere che dei vecchi professori cresciuti accademicamente con abbondanti dosi di narcotici neoliberisti possano arrivare a capire ciò.

Si parva licet componere magnis (N.B. la citazione virgiliana è ironica), è interessante notare come nella facile illusione del governo tecnico sia caduto il Pd sardo in vista delle elezioni regionali. Un partito squassato dagli avvisi di garanzia dovuti alla gestione allegra dei fondi per i gruppi del consiglio regionale, e dalle divisioni interne fra i vari vassalli, valvassori e valvassini sardi, decide, o meglio è costretto a decidere, che non sarà un candidato politico a guidare la compagine democratica verso le votazioni. 

Il Pd ha fatto di tutto per dimostrare che non tiene in gran conto il destino della Sardegna. Ha perso un mese a causa dei dissidi interni sul nome della Barracciu e, attenzione, non dicano che hanno dovuto affrontare una contingenza perché non gliel'ha prescritto il cardiologo di usare in quella maniera i fondi per i gruppi consiliari. Non sappiamo ancora se ci sono gli estremi del reato né se qualcuno sarà condannato, ma moralmente il sistema presente in Consiglio Regionale nelle ultime due legislature va denunciato con buona pace dei garantisti. E' arrivato a poco più di un mese dalle elezioni con un programma a dir poco fantastico, nel senso che è più simile a un fantasma che a un concreto volume stampato e scegliendo negli ultimi giorni utili il candidato presidente.  

Francesco Pigliaru. Professore di Economia politica presso la Facoltà di Giurisprudenza di Cagliari, figlio del più noto filosofo Antonio Pigliaru, e già assessore alla programmazione dimissionario con Renato Soru. In questa sede non è interessante analizzare la sua figura, in quanto si tratta quasi di un emblema. L'emblema del fallimento della politica che cerca al suo esterno un uomo in grado di salvare la città in fiamme. Può Francesco Pigliaru fare questo? Ne dubito fortemente, basti pensare ai risultati del governo Monti o, per restare a esempi più recenti, a come il tecnico Saccomanni ha gestito la questione dei 150 euro degli insegnanti. 

Il discorso che cerco di fare non va frainteso per una difesa della classe politica che ha "governato" la Sardegna fino ad oggi, anzi quello che voglio dire è l'opposto: la politica tradizionale ha fallito e sta cercando di salvarsi dovunque affidando a dei tecnici il ruolo di timonieri, fino a quando non si sarà usciti dalla crisi; si tratta tuttavia di un tentativo velleitario, dal momento che questi tecnici il più delle volte credono davvero che l'economia sia una scienza esatta e non uno strumento che deve confrontarsi con questioni politiche che non possono essere ridotte a semplici variabili algebriche.

Qualcuno può dire che questa cieca fiducia nell'economia sia retaggio di un'interpretazione troppo ortodossa e semplicistica di Marx, ma credo che piuttosto sia il frutto dell'imposizione in ambito accademico e politico in tutto l'occidente di teorie economiche neoliberiste. Molti economisti, che aderiscano o meno al pensiero dominante, si lasciano trascinare in questo vortice autoreferenziale e quando assumono ruoli politici il danno è servito.

Per tornare alla nostra isola e al dramma che si è consumato nella sezione del Partito Democratico di via Canepa a Oristano a cavallo tra dicembre e gennaio, non si può negare che la scelta di Pigliaru può avere due interpretazioni: la prima è quella che i dirigenti democratici abbiano visto nel professore il salvatore della patria, la seconda è che, in vista di una possibile sconfitta, abbiano deciso di mandare avanti un personaggio non troppo coinvolto con la politica e di bruciare lui piuttosto che rovinare se stessi. Non possiamo -né ci teniamo particolarmente d'altra parte- entrare nella mente contorta dei componenti della direzione regionale del Pd, ma l'impressione che Pigliaru sia un ripiego è difficile da cancellare

Insomma, il Pd ha cercato un nome pulito ma gli ultimi episodi giudiziari sono difficili da dimenticare. Quando c'era Berlusconi ci hanno addormentato con la droga dell' "Almeno noi siamo onesti", ma con quasi tutti i consiglieri regionali uscenti indagati è abbastanza difficile da sostenere questa tesi. Anche a livello politico, Pd e destra governano insieme lo Stato ed entrambi non sanno fare altro che piegarsi ai memorandum della Troika. Insomma, non cerchino di abbindolarci con il classico "Vabbe', non saremo il massimo, ma siamo comunque meglio di Cappellacci" perché stavolta non ci si può cascare. Non sono per niente meglio, sono la stessa cosa.



 (D.P.)




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