Scritto da Gianluigi Deiana
L'assemblea di venerdi 4 aprile sulla questione Ivi ha cominciato a strappare il vestito procedurale (chiamiamolo il naso lungo) e a mettere a nudo le pattuizioni politiche (chiamiamole le gambe corte). In questo senso l'assemblea ha raggiunto il suo scopo, rafforzata dal numero e dalla significatività della partecipazione. Ora si tratta di proseguire nel percorso tracciato, per rendere possibile una diffusa consapevolezza e una reale espressione democratica sul problema. La prima cosa da fare ora è quindi una analisi dell'assemblea, alla quale come è noto ha partecipato il sindaco in persona.
Poiché il diavolo si nasconde nel dettaglio, purtroppo questa analisi deve ponderare il tutto e insieme catturare ogni significativa particolarità emersa nel dibattito.
La ragione di questo sforzo sta nel fatto che il metodo assunto dal sindaco consiste nel discutere lealmente di tutto, tranne della ipotesi di una revisione del percorso intrapreso. Dunque noi dobbiamo rispondere che siamo disposti a discutere lealmente di tutto, ma a partire proprio da ciò di cui l'amministrazione non vuole discutere. E questo si può fare soltanto per il tramite di un confronto politico pubblico (regolato in modo imparziale) o di uno scontro politico puro (regolato da rapporti di consenso).
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In primo luogo dobbiamo sgombrare il campo dalle questioni futili, che hanno colorato l'assemblea deviandone qua e là il filo del discorso. Il ricorso pretestuoso alle questioni futili rivela appunto quanto il diavolo sia uso a rifugiarsi nel dettaglio.
1: La prima questione futile riguarda il lamentato taglio dei minuti all'intervento del sindaco Tendas e del consigliere Lilliu: ricordiamo a questo proposito che l'amministrazione ha avuto mesi per promuovere assemblee pubbliche “vere”, nelle quali poter disporre essa stessa per prima di “migliaia” di minuti per l'esposizione delle proprie argomentazioni: cosa che “non” ha fatto.
Infatti gli incontri da essa proposti sono stati più inviti a una pubblicità di pentole che a esposizioni informative imparziali: e se menare il can per l'aia è pratica necessaria per un (ex) sindacalista, non stare al tema è cosa riprovevole per un (ex) insegnante.
Al contrario, il Comitato per la tutela di Torregrande (come peraltro “tutte” le espressioni collettive non legate a carrozze protette) non ha potuto disporre finora di alcuno spazio pubblico di riunione e ha cercato con difficoltà un luogo di assemblea quale quello ottenuto poi, a condizione del rispetto dei tempi di chiusura, nell'aula magna del Liceo Scientifico. Eppure qui al Liceo sia Tendas che Lilliu non solo hanno avuto il microfono per tutto il tempo necessario a ribattere “in generale” alle osservazioni poste; ma hanno anche avuto il tempo per proporre essi stessi un successivo approfondimento analitico delle ragioni da essi sostenute: ma “non” lo hanno fatto, in quanto hanno preferito disporre del microfono solo ad uso del vecchio disco. Conclusione: va concordato un nuovo confronto pubblico su tempi equivalenti e su terreno imparziale.
2: La seconda questione futile riguarda le reciproche accuse di cafoneria e la bizzarra rivendicazione del proprio onore offeso. Sotto questo riguardo si sono succedute espressioni letterarie metaforicamente forti, atteggiamenti infantili di sdegno per quelle virtuali imputazioni di “infamia”, profezie da bullo sul prossimo divieto di amoreggiare in macchina nella pineta, enfatiche controaccuse di maschilismo ecc. Bene, tutto questo è tempo perso: quello che conta è che chi riveste qualifiche “rappresentative” deve saper ricevere squalificazioni “rappresentative” , e nel caso deve saperle smentire con la condotta politica piuttosto che con le narrazioni autobiografiche. In questo l'intervento di Paolo Maleddu ha correttissimamente ricondotto la discussione al suo nocciolo politico. Conclusione: questo Comitato si muove nel senso di una democrazia “partecipativa” e combatte ogni pretesa aprioristica di rispetto per le logiche dell'onorevolezza “rappresentativa”.
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In secondo luogo dobbiamo mettere a nudo gli equivoci dell'argomentazione, che evitano in partenza la condivisione del significato dei termini che vengono usati e della loro connessione logica, rendendo con ciò impossibile la reciproca comprensione di ciò che si vuole dire.
1: Il primo tipo di equivoco nell'argomentazione è quello ricorrente nel modo di argomentare del sindaco Tendas: egli giustifica ogni segmento argomentativo nella sua singolarità, ma rifugge la connessione relazionale tra i singoli segmenti stessi e con ciò maschera la visione complessiva della questione; questo modo di confrontarsi coi cittadini, candidamente ammantato di retorico apprezzamento per il dibattito e per le critiche, è insostenibile in un confronto tra persone dotate di senno.
L'affermazione di Tendas che il programma elettorale di questa giunta implicava di già l'affare Ivi, in quanto in esso si enunciava l'obiettivo della “valorizzazione dell'ambiente”, è una presa in giro degli elettori. L'affermazione di Tendas che l'affare Ivi è maturato in precedenti amministrazioni, tacendo il fatto che in alcune di queste l'attuale medesimo sindaco Tendas era lo stesso Tendas allora in veste di consigliere o assessore o vicesindaco, significa dire una mezza verità secondaria per nasconderne l'altra mezza verità fondamentale.
L'affermazione di Tendas che la convenienza della variante sul PUC consiste nella vendita di diritti al proprietario confinante, tacendo il fatto che quel proprietario confinante è proprio quello rispetto al quale il Comune è simultaneamente e in primo luogo parte offesa in quanto questi è un inquinatore renitente agli obblighi di legge, significa truccare il problema di fronte al giudizio dei cittadini. Il silenzio di Tendas su quella che è stata l'opzione strategica di questi decenni per l'area, ovvero il parco fluviale, e sul perché un atto di indirizzo così vasto e importante sia stato ignorato, e infine annichilito da una delibera e non da un altro atto di indirizzo di pari rilevanza, significa che questa amministrazione sta tradendo gli indirizzi cui è vincolata da se medesima e cioè ha scelto di porsi in scacco matto da se stessa.
2: Il secondo modello di equivoco nell'argomentazione è quello avanzato dal consigliere Lilliu, che si dice favorevole ad un dibattito regolato in modo imparziale, “purché” abbia come oggetto la bonifica.
Ma come si fa a fare un dibattito sulla bonifica in quanto bonifica senza chiedersi chi è il soggetto inquinatore, perché è stata tollerata la sua negligenza in danno della sicurezza pubblica, in cambio di quale “bonifico” o di quale partita di giro in termini di risorsa pubblica egli si disporrebbe oggi a bonificare, e per quale ragione una bonifica implica un campo da golf ecc. ecc.? Di quale bonifica e solo bonifica intenderebbe dibattere Lilliu? Ma lo stesso tipo di equivoco sostiene anche la posizione “proceduralista” di Tendas quando argomenta sulla richiesta della Valutazione Ambientale Strategica, avanzata dal Gruppo di Intervento Giuridico, dal WWF e dal Comitato; Tendas asserisce che se il competente ufficio provinciale si pronuncia per la VAS il Comune è disposto a procedere con la VAS: grazie, ma che bisogno c'è di trasferire la decisione a una autorità extracomunale, in una situazione già così priva di trasparenza in quanto pervasa da intrecci di discrezionalità e da accordi ufficiosi tra Ivi, Comune, Consorzio, Arpas ecc.? Perché non è il Comune stesso, data la delicatezza della cosa, a procedere subito con propria richiesta di VAS? Semplice, perché questa amministrazione “non vuole” la VAS e ne accetterebbe l'effettuazione solo se imposta, solo come estrema ratio e solo suo malgrado. Cioè, Pinocchio è già prigioniero della Balena.
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In terzo luogo dobbiamo esplicitare con cura i termini del nostro diritto a “pensare male”, quella cosa che è peccato ma a volte ci azzecca.
Se in Sardegna, in Italia e nel mondo intero il saccheggio speculativo, l'inquinamento ambientale e la complicità politica hanno prodotto le condizioni spaventose che stanno emergendo ogni giorno, e se nonostante ciò il saccheggio continua, non è per il pensare male, ma per l'aver “pensato male” troppo poco. “Pensare male” è un dovere civile in una pratica di democrazia “rappresentativa” che per la sua attuale natura necessita di mancanza di trasparenza. Bene, noi abbiamo ragione di ritenere che dietro l'operazione bonifica e la cessione dei terreni del Comune e del Consorzio ci sia anche una più ampia operazione di sostegno finanziario pubblico, nel quadro delle politiche di privatizzazione dei litorali pensate anche in sede europea come una specie di ultima spiaggia (letteralmente) per gli investimenti speculativi. Se questa prospettiva non dovesse andare in porto, e se non dovesse andare in porto nemmeno il piano prevedibilmente fallimentare del golf, resterebbe comunque il malloppo della cementificazione vecchio stile: quaranta villette, un'ampia recinzione, e quindici milioni di euro di guadagno chiavi in mano. Qualcosa di infame (cioè qualcosa di cui provare collettivamente vergogna) segnerebbe comunque quel luogo, molto a lungo. Negare preventivamente la propria responsabilità in questa prevedibile vergogna schernendosi per l'ombra gettata sulla propria onorata biografia, come vorrebbe Lilliu e come esige lo stesso Tendas, è uno dei modi per nascondere le cose brown sotto il mitico tappeto green.
(Gianluigi Deiana)
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