Oristano è una città che lentamente si svuota. Non attrae nessuno dalla provincia (e nonostante ciò i paesi continuano a svuotarsi), non attrae i propri giovani che anzi continuano a fuggire. Serve uno spazio sociale aperto e gratuito. Il post precedente, a firma di Davide Schirru, individua bene tra i colpevoli del rapimento di Rossella Urru e della morte di Maria Cristina Allegretti la precarietà, ovvero la condizione permanente che riguarda le generazioni entrate nel mondo del lavoro da metà degli anni 90 in poi.
Oristano stessa è una città precaria, che di fronte al calo demografico prevede di espandersi verso le frazioni, che continua a costruire centri commerciali (uno di fronte all'altro) e ad allargare le strade, quando è evidente che ha bisogno di altro; quando è chiaro che un maxi-ingresso nord non serve, così come non serve una nuova area commerciale. Stiamo diventando, da grosso paesone che eravamo, una città in piena metastasi capitalistica, colta da una furia costruttrice e dalla ricerca ossessiva di aprire nuovi mercati. Cerchiamo di ingurgitare il prima possibile, di ingozzarci di crescita e sviluppo fino all'ultimo rigurgito, quello definitivo.
Servono spazi sociali pubblici e gratuiti, non strade a 4 corsie; servono luoghi dove costruire rapporti sociali e dove sviluppare creatività, non lottizzazioni che mangino la campagna fra Oristano e Torregrande.
Sviluppiamo la politica dei beni comuni e riprendiamoci Oristano.
(d.p.)
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