La truffa del fotovoltaico, dispiegata in Sardegna con le sue ali
di vetro e la sua ferraglia, è dunque giunta in un'aula di tribunale: si
è tenuto oggi il processo per direttissima a carico dei due allevatori
di Narbolia arrestati ieri mattina per avere tentato di resistere alla
devastazione di
quelle campagne; il nostro piccolo presidio di ieri, otto persone del
comitato popolare a bloccare i camion dalle prime luci dell'alba, voleva
portare la questione al giudizio politico di tutti i
sardi e si è invece trasformato in un giudizio penale per resistenza.
Una situazione normativa ormai fuori controllo, riscritta anche
dall'attuale governo sotto la dettatura di piraterie finanziarie sempre
più avide e onnipotenti, torna però per questa via sotto la
responsabilità dell'opinione pubblica, e questo grazie alla tenacia e al
coraggio di Nello e di Alessandro, cui va tutta la nostra stima, la
nostra solidarietà e il nostro aiuto.
Cosa è
successo dunque a Narbolia? Appena due settimane fa è stato pubblicato
all'albo pretorio l'ultimo progetto di variante; questo è stato
approvato con procedura semplificata, e
cioè con una sorta di autoapprovazione da parte dell'ufficio tecnico
comunale e dell' impresa costruttrice come unici
conferenti, nonostante il carattere industriale dell'impianto e la sua
enorme dimensione: 27 Megawatt dichiarati, 1600 serre di 200 metri
quadri ciascuna,
centomila pannelli fotovoltaici, diritti di incentivo statale per 8
milioni di euro l'anno per la durata di vent'anni. L'assessorato
regionale all'agricoltura aveva preliminarmente escluso la necessità
delle procedura ordinaria, che avrebbe determinato il vaglio dei
progetti da parte di una conferenza di servizio ampia in capo alla
Regione, e l'aveva esclusa dichiarando il carattere non sostanziale delle misure intervenute sul dimensionamento
definitivo del progetto.
Nelle stesse ore,
viceversa, il comune di San Vero Milis negava una uguale concessione
alla stessa impresa operante a Narbolia, la Enervitabio, e la negava
proprio per il carattere sostanziale delle
connotazioni progettuali. Nel chiedersi il perché due amministrazioni
pubbliche trattino la medesima pratica con criteri opposti va
considerato il criterio di principio, e cioè che la procedura
semplificata sul fotovoltaico in agricoltura è praticabile per legge
entro il limite di 1 Megawatt, ed entro la condizione che la produzione
di energia elettrica sia funzionale all'attività agricola
rappresentandone solo un incremento di reddito. Ma qui il rapporto è
invertito, in quanto l'agricoltura è ridotta a travestimento e 27
Megawatt sono un'industria mascherata. Ma non si tratta solo di
Narbolia.
Enervitabio è il nome dell'impresa
che gioca su Narbolia il massimo della sua partita: questa, in ben sette
comuni, consta di una previsione di produzione fotovoltaica su serre
simil-agricole per un totale di 72 Megawatt, operazione destinata ad
alterare irreversibilmente e consumare con migliaia di plinti di
calcestruzzo, corduli a terra, piste e accessori centinaia di ettari di
terreno agricolo pianeggiante, irriguo e di massima potenzialità
produttiva naturale; tutto questo in sacrificio a 20 anni di produzione
fotovoltaica, con totale alterazione dei regimi idrici,
dell'irraggiamento al suolo e nessuna (nessuna!) ipotesi di ripristino
dello stato naturale dei terreni alla data di pensionamento degli
impianti. Oltre Narbolia (ed eventualmente San Vero) sono
coinvolti i territori di Padria, Giave, Santadi, San Giovanni Suergiu e
Galtelli. Ma sono anche altre le imprese scatenate in Sardegna, a
Terralba, a Milis e in molti altri luoghi. Dobbiamo fermarli.
L'accelerazione
del disastro è derivata dalle contorsioni legislative che dal 2007 ad
oggi hanno sempre fintato la retromarcia sul fotovoltaico in terreno
agricolo per riaccelerare ogni volta la peggiore deregolamentazione
(ultimo il decreto Salva Italia dell'attuale governo Monti, D. Lvo n.
1/2012, art. 65); la truffa delle finte serre ne è il risultato più
osceno e infatti rappresenta un capitolo ormai chiuso in Spagna, in
Francia ecc., ma resta un'abbuffata spettacolare in Italia e quindi
massimamente in Sardegna: qui infatti la riduzione dell'esame di impatto
alla semplice autoapprovazione comunale, così come ripetutamente
indicato dalla Regione, ha trovato il suo terreno privilegiato.
Nelle
ore in cui trepidiamo per la sorte di Luca Abbà, contadino resistente
della Val di Susa, e dopo mesi di lotta dei sardi sui Radar, su Quirra,
su Tuerredda, sul Galsi, sul nucleare, sulle scorie, sull'eolico off
shore ecc., oggi dobbiamo prendere atto della necessità strutturale e
continuativa della difesa territoriale, sia contro gli investimenti di
rapina sia nei confronti dello Stato, quando questo si riduce a
strumento amministrativo della loro aggressività.
Il furtovoltaico è
ormai una vera emergenza: Nello e Alessandro hanno dato un grande
contributo personale e familiare a questa lotta; il comitato
popolare di Narbolia, in una situazione ormai molto pregiudicata dal
punto di vista del danno, continuerà la sua difficile battaglia secondo
le determinazioni che matureranno in paese; ma è ora necessario che si
venga a costituire un fronte generale contro il fotovoltaico in
agricoltura in Sardegna; che si sia uniti nella imposizione di una
moratoria che obblighi il parlamento italiano e il consiglio regionale a
liberare la terra sarda da questa infamia.
Venerdi
9 marzo a Baratili (appunto tra Cabras e Narbolia) si terrà una
assemblea del comitato no radar capo san marco di Cabras; può essere
anche l'occasione di un incontro tra le organizzazioni per aprire in
modo unificato il problema politico del fotovoltaico in Sardegna.
(tancas semenadas a ferru, tottu ammantadas a serra: si su chelu fiat in terra, l'aìana fattu a ifferru)
Gian Luigi Deiana
(sinistra critica sarda)
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