sabato 12 maggio 2012

Ora et labora


« Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro » (Es20,8-10).



Contro ogni forma di appiattimento culturale, contro ogni oppressione, contro ogni religione del lavoro, dovrebbe essere istituito l'assessorato al tempo libero. Parlare di tempo libero è un tabù, perché è ormai idea comune che per uscire dalla situazione di crisi in cui ci troviamo sia necessario lavorare sempre di più, per crescere, per ripartire. Ecco forse che è in questo perverso meccanismo che si giustificano le riforme del lavoro, che tendono sempre più a ridurre i lavoratori al grado di merce di scambio. Ecco l'alibi dei contratti a progetto, dei contratti a tempo e di tutte le altre 27 diverse forme di contratti esistenti, che non contemplano più la parola ferie, o giorno libero. Probabilmente il problema è nostro. Abbiamo paura. Paura del tempo libero. Paura del tempo vuoto; che ci spinge a trovare qualche lavoro da fare, qualcosa che avvilisca il nostro corpo, che affatichi la nostra mente, e che allo stesso tempo faccia sparire la noia in una nuvola di fumo. Nella città ideale questa paura non esiste, perché non esiste la noia. Nella città ideale le biblioteche sono sempre aperte e stracolme di gente, le conferenze, i convegni sono all'ordine del giorno. Nella città ideale, i giovani organizzano concerti, fanno sport gratuitamente in strutture attrezzate, hanno spazi sociali esclusivamente dedicati a loro, sono valorizzati. Nella città ideale, ci sono immense aree verdi dedicate a chi vuole immergersi nella natura, parchi, giardini, fiumi. Nella città ideale orti di quartiere per chi vuole tornare alla terra, dopo ore e ore spese in un ufficio. Nella città ideale più spazio alla cultura, all'arte, alla ricerca, all'ambiente, alla mobilità sostenibile, ai beni comuni. Non si parla certo di valli in cui scorrono latte e miele o di una fantomatica età dell'oro, parliamo di un nuovo modo di intendere la società, che metta al centro l'individuo, il suo benessere e la sua crescita. Abiuriamo allora la religione del capitale, rimpossessiamoci di ciò che è nostro, tramite la politica, la militanza, l'informazione, tramite ogni forma di realizzazione della nostra individualità, che sia però espressione di un progetto collettivo. La città ideale è ovunque, per noi che la vogliamo “costruire”. E' ovunque ci sia qualcuno disposto a cambiare le cose tramite occupazioni, movimenti, partiti, liste civiche. Cambiare non è facile, ma se ripartiamo da una cosa che dovrebbe appartenere a tutti, da un nuovo bene comune come il tempo libero, forse ce la potremmo fare.



D.S.

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