
Tuttavia una dichiarazione lascia perplessi. L'assessore all'ambiente dice infatti: “A dimostrazione del buono stato di salute delle aziende del Sistema Arborea va sottolineato l'investimento che hanno fatto in questi anni a difesa dell'ambiente, come i vasconi per contenere i reflui zootecnici del costo di circa 100mila euro ciascuno. E ancora l'acquisto di terreni agricoli per produrre mais.”
Dichiarazioni che parlano da sole. Vergognose, specie se ci si rende conto che vengono fatte da un dirigente della comunità arborense.
Bisognerebbe parlare con gli allevatori del territorio; basterebbe rivolgersi agli organi di competenza, per poter visionare la marea di pratiche contenenti i debiti contratti (mutui, finanziarie) delle imprese agricole oristanesi. Si smentirebbero di fatto queste dichiarazioni.
Il caso della famiglia Spanu, espropriata dei propri immobili (anche se fortunatamente lo sfratto non è di fatto ancora avvenuto), non è un unicum. Altre proprietà sono in corso legale. Nell'ultimo trimestre inoltre, 5 aziende agricole, conferitrici di latte vaccino, hanno chiuso i battenti e diverse altre non esiteranno a lungo.
Altro che buono stato di salute.
Ma quali sono le ragioni a cui è dovuto questo status?
Le ragioni sono diverse ed ogni azienda ha una storia a se. Tuttavia ci sono dei comuni denominatori che hanno colpito, se non tutti, la maggior parte dei circa 250 allevamenti della zona.
Ma quali sono le ragioni a cui è dovuto questo status?
Le ragioni sono diverse ed ogni azienda ha una storia a se. Tuttavia ci sono dei comuni denominatori che hanno colpito, se non tutti, la maggior parte dei circa 250 allevamenti della zona.
- Direttiva nitrati. L'investimento strutturale a cui fa riferimento l'assessore Pinna, va contestualizzato. Pinna si riferisce ad un tardivo e sacrosanto provvedimento dell'agenzia LAORE (agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura) riguardo a misure di protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati (provenienti da fonti agricole), imposto a 170 allevamenti di una zona detta “vulnerabile” nella piana di arborea. Le imprese interessate sono state costrette a realizzare vasconi di contenimento dei reflui organici (giustissimo), con il serio problema che la maggior parte degli allevamenti interessati, non aveva la possibilità di farsi carico di un investimento così grande. Forse è mancato un sostegno adeguato da parte delle istituzioni, trattandosi di un momento economico allarmante (2007/2008).
- Drastico aumento dei costi di gestione aziendali. Il più importante fattore di crisi, secondo un modesto punto di vista, è stato il drastico aumento dei costi di gestione: materie prime alimentari per l'alimentazione del bestiame, carburante, prodotti fitosanitari eccetera. Esempio eclatante, il costo della farina di soia. Componente fondamentale dell'alimentazione del bestiame, che negli ultimi tre/quattro anni ha subito un rincaro di più del 100% (da circa 300 euro/tonnellata a circa 650 euro/tonnellata). Nonostante tutto però, il prezzo del latte che l'allevatore riceve è praticamente fermo sui 0,34 - 0,37 euro/litro da diversi anni. Complice un mercato stagnante come quello dei prodotti lattiero caseari. Quindi, ecco che la quasi totalità delle imprese, che sono tutte a conduzione familiare, si son ritrovate in una buia spirale recessiva, che sembra non aver fine.
La soluzione?
E' difficile dire quale potrebbe essere la soluzione migliore.
Sicuramente un prezzo più alto del latte, darebbe importanti boccate d'ossigeno. Magari se le istituzioni si interessassero di più al problema, fornendo un sostegno reale. Ad esempio, sgravi fiscali per chi produce prodotti di alta qualità.
Ma penso che non basti. Bisognerebbe rivedere i sistemi di sostentamento degli allevamenti. Fare qualche passo indietro. Forse serve il coraggio per rivalutare un “fattore di produzione” (inteso come un alimento per il bestiame) che è caduto in disuso. L'erba fresca.
E' difficile dire quale potrebbe essere la soluzione migliore.
Sicuramente un prezzo più alto del latte, darebbe importanti boccate d'ossigeno. Magari se le istituzioni si interessassero di più al problema, fornendo un sostegno reale. Ad esempio, sgravi fiscali per chi produce prodotti di alta qualità.
Ma penso che non basti. Bisognerebbe rivedere i sistemi di sostentamento degli allevamenti. Fare qualche passo indietro. Forse serve il coraggio per rivalutare un “fattore di produzione” (inteso come un alimento per il bestiame) che è caduto in disuso. L'erba fresca.
(S.O.)
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