Con Monumenti Aperti numerosi
oristanesi hanno avuto la possibilità di visitare l'ex Casa
Circondariale di Piazza Manno, oggi trasferita a Massama. Tanti hanno
parlato della struttura come dell'ex Reggia Giudicale, ma in realtà si
tratta di una definizione poco precisa in quanto solo una parte
dell'attuale struttura corrisponde a quella che una volta era la Reggia.
In ogni caso nella Furia Rossa non ci sono né architetti né archeologi
quindi non ci azzardiamo ad esprimere pareri tecnici sulla possibilità o
meno di ritrovare tracce della struttura medievale.
Alcuni
hanno osservato che i carceri in genere sorgono dentro la città, allo
scopo di intimorire le persone e di ricordare che esiste un potere
contro cui è meglio non ribellarsi. Non è un caso che la Rivoluzione
Francese sia partita con l'assalto a un carcere. La prigione è il
simbolo del potere che opprime, riascoltatevi Nella mia ora di libertà di Fabrizio De André.
Anche
la reggia è un simbolo del potere, ma di carattere diverso. Non deve
intimorire il suddito, ma deve incutere rispetto e suscitare
ammirazione. Nella reggia sta il monarca, è uno spazio chiuso
all'accesso del suddito che può entrarvi solo inchinato e per chiedere
la grazia al re. Un suddito difficilmente sarà ammesso nella reggia, ma
ha molte più probabilità di ritrovarsi in carcere.
Oggi
l'ex carcere di Piazza Manno appartiene allo Stato, ma molto
probabilmente passerà in mano alla Regione e poi magari al Comune nei
prossimi anni. A quel punto bisognerà decidere cosa farci. Alcuni
sostengono che dovrebbe essere trasformato nel museo della storia
giudicale della nostra città. Noi pensiamo, come hanno già proposto
altri, a partire da Ivo Serafino Fenu, che invece quel luogo debba
essere. Sembra appropriato citare le parole dello stesso Fenu, apparse
su un gruppo facebook di discussione politica oristanese:
"E,
sempre in quest’ottica, mi chiedo se sia più utile per la crescita
culturale e turistica della città, mettere a nudo qualche pietra
medioevale (magari da condannare all’oblio e al degrado come avviene per
gran parte del patrimonio storico) – in un’Italia ben più ricca di
testimonianza di quell’epoca e di ben altro valore artistico – e non,
piuttosto, valorizzarne la sua storia recente: una delle strutture
carcerarie più inospitali e dure, nel bene e nel male, testimonianza di
civiltà e inciviltà, coi suoi spazi collettivi e suoi luoghi del dolore
individuale nei quali è passata una parte importante della nostra storia
recente e delle sue contraddizioni umane e sociali. Un “monumento” e
una testimonianza a suo modo unica, un carcere, una prigione, un “non
luogo” da preservare in quanto tale, uno spazio da far vivere con
iniziative legate alla contemporaneità e alle sue peculiarità
contaminative dei linguaggi dell’arte, della musica e del teatro... altro che medioevo"
In
fondo non abbiamo dubbi: tra la celebrazione della gloria di re che
combattevano per interesse dinastico e la testimonianza del dolore e
della sofferenza degli ultimi scegliamo questa seconda opzione.
(D.P.)
Non condivido quanto scritto nel post. Anzi, questo tentativo di screditare altre idee di recupero della casa giudicale anziché approfondire la propria visione mi pare pura miopia, un comportamento da tifoseria ultras.
RispondiEliminaA mio parere la conservazione del carattere storico e la fruizione di quei luoghi in chiave turistico-culturale non preclude la possibilità di fare dello spazio - allo stesso tempo - un innovativo centro di produzione culturale. E' già successo in altre parti del mondo, si pensi all'attuale ruolo delle miniere nel bacino della Ruhr oppure ai castelli della Loira, alla maggior parte degli anfiteatri in Grecia e all’arena di Verona: tutti luoghi che riescono a far convivere le due esigenze insieme.
Saludos,
Pedru Bintisetti
Non è un tentativo di screditare le altre idee sul recupero della struttura. Piuttosto si tratta di porre il nostro punto di vista, e ciò implica la critica delle altre proposte; non presupponendo la nostra superiorità o che, ma semplicemente secondo la normale dialettica politica.
RispondiEliminaRipeto, l'archeologia e l'architettura non sono il nostro campo e quindi non mi esprimo sulla possibilità o meno di conservare il carattere storico della struttura (ciò non toglie che si pone un problema: esiste ancora qualcosa di giudicale là dentro? che cosa?).
Crediamo piuttosto che il valore di quella struttura non stia tanto nella sua storia medievale, quanto in quella più recente. Nella storia di cosa sono le strutture carcerarie e di cosa significa finirci dentro (il carcere di Oristano, per chiarirci, è stato più volte oggetto di interrogazioni parlamentari e ci sono stati suicidi, anche di recente, e svariati atti autolesionistici). Penso che i giovani, i sardi e anche i turisti abbiano molto più da imparare da questo che dal trasformare la struttura in un museo enorme e vuoto sugli Arborea.
Saludos,
Davide Pinna
Un altro punto di vista: http://giuliogaviano.wordpress.com/2013/05/07/monumenti-aperti-e-il-palazzo-giudicale/#more-703
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