venerdì 10 maggio 2013

CARCERI E REGGE

Con Monumenti Aperti numerosi oristanesi hanno avuto la possibilità di visitare l'ex Casa Circondariale di Piazza Manno, oggi trasferita a Massama. Tanti hanno parlato della struttura come dell'ex Reggia Giudicale, ma in realtà si tratta di una definizione poco precisa in quanto solo una parte dell'attuale struttura corrisponde a quella che una volta era la Reggia.

 In ogni caso nella Furia Rossa non ci sono né architetti né archeologi quindi non ci azzardiamo ad esprimere pareri tecnici sulla possibilità o meno di ritrovare tracce della struttura medievale. 
Alcuni hanno osservato che i carceri in genere sorgono dentro la città, allo scopo di intimorire le persone e di ricordare che esiste un potere contro cui è meglio non ribellarsi. Non è un caso che la Rivoluzione Francese sia partita con l'assalto a un carcere. La prigione è il simbolo del potere che opprime, riascoltatevi Nella mia ora di libertà di Fabrizio De André

Anche la reggia è un simbolo del potere, ma di carattere diverso. Non deve intimorire il suddito, ma deve incutere rispetto e suscitare ammirazione. Nella reggia sta il monarca, è uno spazio chiuso all'accesso del suddito che può entrarvi solo inchinato e per chiedere la grazia al re. Un suddito difficilmente sarà ammesso nella reggia, ma ha molte più probabilità di ritrovarsi in carcere. 

Oggi l'ex carcere di Piazza Manno appartiene allo Stato, ma molto probabilmente passerà  in mano alla Regione e poi magari al Comune nei prossimi anni. A quel punto bisognerà decidere cosa farci. Alcuni sostengono che dovrebbe essere trasformato nel museo della storia giudicale della nostra città. Noi pensiamo, come hanno già proposto altri, a partire da Ivo Serafino Fenu, che invece quel luogo debba essere. Sembra appropriato citare le parole dello stesso Fenu, apparse su un gruppo facebook di discussione politica oristanese:

"E, sempre in quest’ottica, mi chiedo se sia più utile per la crescita culturale e turistica della città, mettere a nudo qualche pietra medioevale (magari da condannare all’oblio e al degrado come avviene per gran parte del patrimonio storico) – in un’Italia ben più ricca di testimonianza di quell’epoca e di ben altro valore artistico – e non, piuttosto, valorizzarne la sua storia recente: una delle strutture carcerarie più inospitali e dure, nel bene e nel male, testimonianza di civiltà e inciviltà, coi suoi spazi collettivi e suoi luoghi del dolore individuale nei quali è passata una parte importante della nostra storia recente e delle sue contraddizioni umane e sociali. Un “monumento” e una testimonianza a suo modo unica, un carcere, una prigione, un “non luogo” da preservare in quanto tale, uno spazio da far vivere con iniziative legate alla contemporaneità e alle sue peculiarità contaminative dei linguaggi dell’arte, della musica e del teatro... altro che medioevo"

In fondo non abbiamo dubbi: tra la celebrazione della gloria di re che combattevano per interesse dinastico e la testimonianza del dolore e della sofferenza degli ultimi scegliamo questa seconda opzione. 




(D.P.)




3 commenti:

  1. Non condivido quanto scritto nel post. Anzi, questo tentativo di screditare altre idee di recupero della casa giudicale anziché approfondire la propria visione mi pare pura miopia, un comportamento da tifoseria ultras.

    A mio parere la conservazione del carattere storico e la fruizione di quei luoghi in chiave turistico-culturale non preclude la possibilità di fare dello spazio - allo stesso tempo - un innovativo centro di produzione culturale. E' già successo in altre parti del mondo, si pensi all'attuale ruolo delle miniere nel bacino della Ruhr oppure ai castelli della Loira, alla maggior parte degli anfiteatri in Grecia e all’arena di Verona: tutti luoghi che riescono a far convivere le due esigenze insieme.

    Saludos,

    Pedru Bintisetti

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  2. Non è un tentativo di screditare le altre idee sul recupero della struttura. Piuttosto si tratta di porre il nostro punto di vista, e ciò implica la critica delle altre proposte; non presupponendo la nostra superiorità o che, ma semplicemente secondo la normale dialettica politica.

    Ripeto, l'archeologia e l'architettura non sono il nostro campo e quindi non mi esprimo sulla possibilità o meno di conservare il carattere storico della struttura (ciò non toglie che si pone un problema: esiste ancora qualcosa di giudicale là dentro? che cosa?).

    Crediamo piuttosto che il valore di quella struttura non stia tanto nella sua storia medievale, quanto in quella più recente. Nella storia di cosa sono le strutture carcerarie e di cosa significa finirci dentro (il carcere di Oristano, per chiarirci, è stato più volte oggetto di interrogazioni parlamentari e ci sono stati suicidi, anche di recente, e svariati atti autolesionistici). Penso che i giovani, i sardi e anche i turisti abbiano molto più da imparare da questo che dal trasformare la struttura in un museo enorme e vuoto sugli Arborea.

    Saludos,

    Davide Pinna

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  3. Un altro punto di vista: http://giuliogaviano.wordpress.com/2013/05/07/monumenti-aperti-e-il-palazzo-giudicale/#more-703

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